3 Tempo di lettura 15 nov 2021

Le PMI italiane oltre la pandemia

Da EY Italy

Multidisciplinary professional services organization

3 Tempo di lettura 15 nov 2021
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L'indagine EY SME Survey fornisce una visione dettagliata della situazione attuale e delle prospettive delle Piccole e Medie Imprese con un focus particolare sul rapporto con gli operatori finanziari

Nel nostro Paese il tessuto imprenditoriale si fonda essenzialmente su medie, piccole e micro imprese. I dati parlano chiaro: in Italia abbiamo 130.000 imprese con un numero di dipendenti compreso tra 10 e 49 e 26.000 con un numero di impiegati compreso tra 50 e 249. Per non contare i circa 4 milioni di microimprese, ovvero quelle con meno di 10 dipendenti. Complessivamente, nelle PMI e microimprese sono impiegati l'80% dei lavoratori dipendenti italiani, contro il 20% che lavora nelle grandi imprese. Ma qual è lo stato di salute delle PMI? Un quadro della situazione attuale e delle prospettive emerge da EY SME Survey, un'indagine condotta a livello globale su un campione di 5.600 PMI, di cui 300 italiane che rappresentano un campione rappresentativo del tessuto imprenditoriale italiano. Lo studio mette in evidenza in particolare i punti di forza e debolezza delle PMI in un quadro generale di recessione economica, anche dovuta agli effetti della pandemia. L'indagine inoltre sottolinea l'importanza del rapporto tra PMI e operatori finanziari anche in ottica di opportunità per la gestione dei bisogni delle aziende.

L'impatto del Covid sulle PMI
Che l'impatto della pandemia abbia avuto effetti sull'economia mondiale è sotto gli occhi di tutti. Ma purtroppo le conseguenze maggiormente negative si sono registrate in Italia. Se infatti dall'analisi dei dati di EY SME Survey emerge che a livello europeo il 74% delle PMI ha subito un impatto negativo dal Covid, il dato se riferito all'Italia è estremamente più negativo, arrivando al 90%. In particolare le voci di bilancio delle PMI italiane più colpite sono state: diminuzione delle entrate 66% (contro una media europea del 55%), margine di profitto -64% (-52% a livello europeo), volume di vendita -60% (-51% a livello europeo). Molti settori hanno registrato un forte impatto sulla supply chain e oltre il 50% delle aziende oggetto dello studio ha dichiarato di aver avuto problemi di ricezione e spedizione di beni e servizi.

Ma quali sono i motivi per cui la crisi economica ha maggiormente colpito il nostro Paese? In Italia si è verificata la combinazione di diversi fattori. Innanzitutto il fatto di essere stati i primi a imporre importanti misure restrittive con il lockdown generale a inizio pandemia (marzo 2020). Il secondo fattore è una cronica mancanza di solidità economica delle PMI italiane. Il terzo fattore è il gap importante delle PMI italiane rispetto al livello di digitalizzazione che ha permesso ad alcune loro concorrenti straniere di limitare lo shock della pandemia con soluzioni digitali come l'e-commerce.

Ripensare il modello di business nel post pandemia

Con l'avvento della pandemia molti aspetti della vita sociale ed economica sono cambiati. Ma come in ogni grande periodo di transizione contemporaneamente si sono aperte nuove opportunità. A livello italiano, oltre la metà delle PMI ha infatti iniziato a riconsiderare il proprio modello di business al fine di mitigare gli effetti negativi portati dalla pandemia e riuscire a sopravvivere all'interno del proprio mercato di riferimento. In questo contesto per il sistema imprenditoriale del nostro Paese i più importanti fattori di sviluppo su cui puntare sono l'innovazione e l'internazionalizzazione, per permettere alle nostre PMI di crescere ed essere più competitive a livello globale. Tra i modelli di new business evidenziati da EY SME Survey si segnala la nascita di Marketplace (+67%), ovvero piattaforme digitali dove poter presentare e vendere i propri prodotti e servizi non in esclusiva, ma parallelamente a quelli di altre aziende. Un dato che distingue le PMI italiane è quello relativo al rilancio del franchising (+133%), un modello di business che permette ai piccoli imprenditori di aderire a modelli di aziende più grandi che hanno maggiore forza sul mercato. Di grande attualità, specie per il settore dei servizi, il Freemium, che consiste nell'offerta dei propri servizi tramite pacchetti base a cui aggiungere servizi personalizzati e su misura in modalità premium.

Il sostegno del Governo e il Recovery Fund

Per sostenere le PMI durante l'emergenza Covid-19 il Governo italiano ha attuato una serie di misure di sostegno mediante contributi, esenzioni fiscali, crediti d'imposta, detrazioni fiscali. Tra le diverse iniziative governative ricordiamo “Decreto Cura Italia”, “Decreto Liquidità”, “Decreto Rilancio”, che almeno in parte hanno contribuito ad aiutare le aziende durante questo periodo di crisi sanitaria ed economica. Dopo questi e altri provvedimenti emergenziali, però, ora è tempo di Recovery Fund, che fa parte del PNRR, il più grande piano di rilancio del sistema imprenditoriale dal dopoguerra ad oggi. Complessivamente per il nostro Paese sono previsti fondi per 249 miliardi di euro, cifra che ci pone al primo posto in assoluto tra gli Stati che usufruiranno dei contributi EU, suddivisi in diverse missioni: dalla digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo italiano (40,73 miliardi di euro) alla transizione ecologica e la cosiddetta rivoluzione green (59,33 miliardi) fino all’inclusione e coesione, lo sviluppo di politiche per il lavoro (19,81 miliardi di euro). Tutti temi molto importanti per la trasformazione delle aziende che vogliono prepararsi ad affrontare il futuro con successo e che diventano raggiungibili grazie al supporto che fornirà il Recovery Fund, per questo il ruolo degli intermediari finanziari è ancora più fondamentale in quanto permette di facilitare e supportare l’accesso ai fondi.  

Rilancio delle PMI: il ruolo degli operatori finanziari
In un momento di ripresa economica e in un contesto sempre più globale per le PMI diventa fondamentale il ruolo del partner finanziario di riferimento. Dall'indagine EY SME Survey emerge che nel panorama italiano le aziende puntano ancora molto sulle banche tradizionali dove l'elemento di contatto diretto tramite le filiali fisiche resta un elemento cruciale per il 66% delle PMI. Una tendenza che però convive con l'utilizzo anche di altri provider finanziari, per esempio Fintech, richiesti soprattutto per servizi specifici. Il 73% delle PMI italiane si è infatti rivolto a più di un operatore finanziario. Un altro dato interessante che emerge riguarda il 42% delle PMI italiane intervistate che dichiara di voler cambiare fornitore di servizi finanziario, percentuale molto più alta della media europea che si attesta al 34%. La preferenza di scelta per un nuovo operatore privilegia comunque sempre una banca con filiali (48%), seguita da Fintech (29%), banche mobile-only (23%). Tra i criteri di scelta di un operatore finanziario, oltre ovviamente alla possibilità di essere finanziati, risultano prioritarie le tempistiche di finanziamento. Il 47% delle PMI italiane dichiara di aver bisogno dell'ok definitivo entro 7 giorni, rispetto al resto d'Europa dove i tempi medi sono di 3 giorni. Le aziende hanno anche espresso la volontà di trovare nel provider finanziario un partner che le accompagni in tutte le fasi e le diverse necessità.

Cosa le PMI si aspettano da un provider finanziario
Per incontrare le nuove esigenze delle PMI le banche dovrebbero rivedere il proprio modello di servizio considerando alcune tematiche centrali:

  • ruolo ancor più centrale del gestore di relazione, in grado di accompagnare le aziende in tutte le loro necessità grazie ad una profonda competenza e conoscenza del business;
  • velocità nella valutazione e concessione del credito, in modo da essere in linea con la necessità di tempestività richiesta (entro 7 giorni);
  • fluidità e maggiore linearità nei processi per garantire una migliore esperienza;
  • consulenza specializzata su temi connnessi a sostenibilità ed ESG;
  • capacità di offrire servizi che vanno oltre l’ambito finanziario, ovvero porsi come partner in grado di gestire le funzioni non core dell'azienda, ad esempio i servizi legali, per permettere alla PMI di concentrarsi sul proprio business;
  • possibilità di accedere ai servizi e ai prodotti attraverso un'unica piattaforma integrata;
  • servizi sempre più personalizzati grazie all’uso intensivo dei dati;
  • modelli di pricing basati sulla sottoscrizione di un'unica fee per un ampio panel di servizi


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Dall'indagine EY SME Survey emerge che nel panorama italiano le aziende puntano ancora molto sulle banche tradizionali dove l'elemento di contatto diretto tramite le filiali fisiche resta un elemento cruciale per il 66% delle PMI. Una tendenza che però convive con l'utilizzo anche di altri provider finanziari, per esempio Fintech, richiesti sopratutto per servizi specifici.