«Il 2021 parte sulla scia della pessima conclusione dell’anno precedente. La ristorazione paga il prezzo più alto in termini di fatturato, ma è probabilmente l’abbigliamento che potrebbe avere le criticità finanziarie più importanti – chiarisce Mario Maiocchi, direttore Centro studi retail Confimprese –. La campagna saldi infatti non è decollata e i negozi si troveranno con stock in eccedenza e tutte le forniture della stagione invernale da pagare. Diventano quindi sempre più urgenti misure di sostegno ai settori più colpiti e modifiche della illogica chiusura dei CC durante i weekend per evitare le conseguenze, potenzialmente irreversibili, sulle aziende retail e sulla loro forza lavoro. Resta il fatto che le imprese guardano con fiducia al ritrovato equilibrio istituzionale ed al sostegno che il Governo Draghi potrà portare a livello politico, economico e sociale».
«Bilancio pesante per il mese di gennaio che sfiora un calo del 60% rispetto al 2020 – dichiara Paolo Lobetti Bodoni, Med business consulting leader di EY –. Le restrizioni sulle aperture hanno penalizzato i saldi nelle regioni dove erano in vigore: gennaio registra infatti un calo del 40% in vendite assolute rispetto al mese precedente, percentuale che di solito si attesta intorno al 20-25%. Tuttavia, se dovessero permanere le condizioni attuali di progressiva riapertura degli esercizi commerciali, pensiamo che le vendite di febbraio possano vedere un trend in miglioramento».
Benchmark annuale totale mercato: dati 2020 vs 2019
Con l’inizio del 2021 l’Osservatorio Confimprese-EY fa il punto sull’anno appena terminato e traccia il benchmark sui gli ultimi 12 mesi partendo dai primi casi conclamati di Covid-19 nel febbraio del 2020 e che hanno da allora influenzato pesantemente i consumi. Nel periodo febbraio 2020 – gennaio 2021 il totale mercato lascia sul terreno quasi la metà dei fatturati -44,2% rispetto ai 12 mesi precedenti (feb 2019-gen 2020), che comunque già segnavano un ristagno dei consumi.
Nello spaccato merceologico, lo schema è purtroppo sempre lo stesso con la ristorazione a pagare il prezzo più alto in pesante flessione del -53%, seguita da abbigliamento -44,1% e il non food -28,8%.
Nei canali di vendita le perdite totali sono pari a -44,2% negli ultimi 12 mesi vs i precedenti con centri commerciali e outlet in caduta libera -47,3%. Male anche le high street a -40,7%. Segno questo di una crisi generalizzata del commercio anche nei centri città, che hanno mostrato una tendenza negativa con poco traffico durante tutta la pandemia, tranne nei mesi di agosto e settembre che hanno registrato flessioni più contenute intorno a -20%.
Quanto alle aree geografiche, infine, nessun dubbio sulle aree Nord-Est e Nord-Ovest, le più colpite dall’emergenza sanitaria, che ha fatto scendere la lancetta rispettivamente a -46,4% e -45,1%. Il Centro si ferma a -44%, il Sud a -40,4%, quest’ultima area ha beneficiato di trend migliori durante il periodo estivo.
Analisi per regioni
Per la prima volta dall’inizio del lockdown il trend più negativo si in Sicilia con -75,8%. La regione accusa i tre quarti delle perdite a causa del lockdown nei centri commerciali e le limitazioni nella ristorazione e nel turismo.
In seconda e terza posizione troviamo Veneto -66,2% ed Emilia-Romagna -64,5%, le regioni dove nel mese di gennaio la curva dei contagi è salita maggiormente. La bottom 5 negativa si chiude con Umbria -62,1% e Friuli-Venezia Giulia -60,5%. Seguono tre regioni del Nord Lombardia -59,4%, Liguria -59,2% e Valle d’Aosta -56,2%, e al Centro il Lazio -56,8%.
Le perdite sopra al 50% si registrano anche nel blocco delle seguenti 8 regioni: Marche -54,5%, Campania -53,1%, Sardegna -52,6%, Puglia -52,1%, Calabria -52%, Piemonte e Basilicata -50,7%, Toscana -50%. Scendono, sia pure di pochi punti percentuali, sotto al 50% tre regioni di minori dimensioni: Abruzzo -48,6%, Molise -46,7%. Chiude il Trentino-Alto Adige con -46,4%.