2 Tempo di lettura 7 giu 2021
fashion

L’andamento economico delle aziende moda e lusso italiane

Da EY Italy

Multidisciplinary professional services organization

2 Tempo di lettura 7 giu 2021

A cura di

Federico Bonelli Retail, Fashion & Luxury Leader strategy & transactions med di EY email
Armando Branchini Strategic Advisor, Fashion & Luxury di EY email

I primi mesi dell’anno in corso stanno fortunatamente evidenziando per alcune delle imprese moda e lusso segnali di crescita rispetto ai risultati dei primi mesi dell’anno scorso e, in qualche caso, anche del 2019.

Purtroppo questo non è vero, o non nella stessa misura, per tutte le imprese, anche quelle di maggiore dimensione.

La pandemia ha cambiato i modi di vivere e di acquistare di molti consumatori. Tra i molti cambiamenti, la crescita di domanda di “coolness” che tende a concentrare la domanda sulle marche più importanti (superbrand) in ogni categoria di prodotto.

Ne deriva una penalizzazione delle marche di nicchia, molto presenti nel sistema italiano.

Dal punto di vista geografico la domanda aggregata in questi mesi ha subito un’impennata in Cina e negli Stati Uniti. Molto meno in Europa.

Le imprese concentrate su questo mercato, stanno crescendo di meno. Così come quelle poco presenti nel mercato USA.

Questi andamenti, in realtà, non fanno che confermare le tendenze strutturali di andamento degli ultimi vent’anni, se si osservano le modalità di sviluppo delle imprese indipendenti in confronto con le imprese di proprietà di gruppi stranieri.

Tra l’anno 2000 ed il 2019 i consumi di prodotti di moda di lusso sono passati da 120 a 280 miliardi di Euro. Il Tasso Medio Annuo di crescita del mercato è stato vicino al 5%.

Le imprese indipendenti sono nella maggioranza cresciute come la media del mercato, con alcune eccezioni. Qualcuna anche meno della media.

La maggior parte delle imprese appartenenti a gruppi internazionali sono cresciute significativamente più della media del mercato.

Quali sono le ragioni di queste diverse velocità di crescita?

Tre sono i fattori principali che avvantaggiano i gruppi:

  1. Gestione affidata a manager selezionati con cura e spesso fatti crescere all’interno. Indicazione da parte del vertice del gruppo di obiettivi molto precisi e delega sulle modalità per raggiungerli. Soddisfazione interna del fabbisogno finanziario. In sintesi: una gestione razionale controllata.
  2. Capacità di coltivare, selezionare ed attrarre i migliori talenti creativi, in tutto il mondo.
  3. Leverage della massa critica di gruppo in termini finanziari, di funzioni centrali (HR e Talent, Consumer relation, Innovazione Digitale, ESG, …) e delle capacità negoziali nei confronti dei partner commerciali, immobiliari, dei media.

Questi fattori sono resi possibili grazie ad una divisione dei ruoli, sia pratica sia emotiva.

I proprietari dei grandi gruppi sono investitori e dirigono holding, gli indipendenti sono proprietari di una marca che porta il loro nome.

Le holding non sono solo organismi finanziari, anzi hanno accresciuto negli anni le loro funzioni operative centrali, a supporto dei brand.

Ne deriva che la coppia di persone a capo di ogni impresa, il CEO ed i Direttore Creativo, sono totalmente focalizzati sull’obiettivo di “creare valore per il consumatore ed il gruppo”.

Questo spiega perché alla crescita dei fatturati, della marginalità, degli investimenti, siano state fortemente sviluppate la cura della cultura e dell’heritage individuale, dell’origine “made in Italy”, delle varie aziende e marche.

Nelle imprese indipendenti l’imprenditore, oltre che della scelta del CEO e del Direttore Creativo, si deve occupare dei rapporti con gli azionisti, spesso familiari, con le banche, con i grandi retailer, di investimenti e d’innovazione, di politica organizzativa e del personale, di politica fiscale.

Se questa, in sintesi, è la rappresentazione del confronto tra imprese italiane indipendenti e non, negli ultimi vent’anni, l’arrivo inaspettato della pandemia speriamo induca alcuni imprenditori ed imprese familiari a rivedere gli approcci tradizionali ed a innovare prima di tutto la cultura d’impresa.

Vediamo chiaramente le aree in cui l’innovazione è critica, a cominciare dalla managerializzazione e dalla politica delle risorse umane, degli investimenti nell’innovazione, della necessità di una risposta più rapida ed efficace alle esigenze del consumatore, che si tratti di coolness, di rapidità di consegna o di assistenza post-vendita.

La rilevanza culturale, valoriale ed estetica del binomio marca-prodotto è altissima e costituisce un fattore determinante nei confronti del consumatore finale e del retail.

Altrettanto lo è mettere le imprese e le loro persone nella condizione di operare meglio e più efficacemente nelle nuove condizioni imposte dalla combinazione della centralità del consumatore (che vuole sempre più scegliere e meno obbedire) e dei nuovi stili di vita all’uscita dalla pandemia.

Occorre rivedere in fretta le procedure, i processi, ed anche i ruoli e le responsabilità.

‘Perché l’obiettivo strategico da perseguire è la “creazione di valore” di coolness, di personalizzazione, di rapidità. Il mondo che è già cambiato, e molto probabilmente cambierà ancora, non può essere affrontato con gli schemi del passato. 

A proposito di questo articolo

Da EY Italy

Multidisciplinary professional services organization

Summary

La pandemia ha cambiato i modi di vivere e di acquistare di molti consumatori. Ne deriva una penalizzazione delle marche di nicchia, molto presenti nel sistema italiano: occorre rivedere in fretta le procedure, i processi, ed anche i ruoli e le responsabilità.