In riferimento all’andamento dei prezzi dell’energia, la discesa già sperimentata negli ultimi mesi del 2022 continua il suo percorso anche nei primi mesi del 2023, attenuando la dinamica che ha caratterizzato l’anno precedente. Il prezzo del gas naturale in Europa, ad esempio, è tornato ai livelli della seconda metà del 2021, mentre i prezzi del petrolio (per esempio il Brent) sono tornati in linea con i livelli di inizio 2022 (82,7 $/bbl a febbraio 2023 contro 85,5 $/bbl a gennaio 2022).
Nonostante la crescita globale sia prevista accelerare nel 2024, le preoccupazioni legate al contesto geopolitico e la stretta monetaria applicata dalle maggiori banche centrali mondiali continuano a rendere comunque incerte le prospettive di crescita. Analizzando la strategia delle principali banche centrali, si nota infatti come stiano tutte portando avanti una politica monetaria fortemente restrittiva di contrasto all’inflazione, con la sola eccezione della Turchia.[1] Se da un lato questa scelta di politica monetaria “coordinata” si fonda sulla necessità di combattere gli alti livelli di inflazione, l’azione congiunta potrebbe ostacolare la crescita in modo più pronunciato nelle economie avanzate, a causa dell’impatto negativo dell’innalzamento dei tassi sulle scelte di consumo e investimento.[2] Al fine di massimizzare l’azione della politica monetaria, risulta inoltre fondamentale creare una sinergia con la politica fiscale. Questo è ancor più importante nei paesi dell’Eurozona, caratterizzati da una forte eterogeneità e mancanza di un sistema fiscale unico.
Le prospettive di crescita globali, infine, sono legate anche all’andamento dell’economia cinese, soprattutto a causa della sua centralità nelle catene del valore e nello schema degli scambi mondiali. Infatti, già dalla fine del 2022 la Cina ha cominciato il suo programma di rientro delle zero-covid policy, ovvero di quelle misure mirate a contenere la pandemia nel Paese. Se da un lato la riapertura dell’economia cinese è attesa contribuire positivamente alla ripresa dell’economia mondiale, dall’altro è possibile che la riapertura porti con sé un aumento dei prezzi delle materie prime necessarie all’attività produttiva, quali energia e metalli. La Cina, infatti, rappresenta una quota considerevole del consumo di materie prime quali alluminio, rame, nickel, carbone (circa il 60% del totale del consumo mondiale di ciascuna di queste materie prime), ma anche cotone, mais e fertilizzanti (tra il 20 ed il 30% del consumo mondiale).[3]
La revoca delle misure restrittive di contenimento della pandemia, avvenuta il 7 dicembre, è attesa giocare un ruolo importante per la ripartenza dell’economia.
Lo scenario europeo
Analizzando i principali indicatori congiunturali, si nota come anche le altre principali economie europee abbiano sperimentato nell’ultimo trimestre del 2022 una battuta d’arresto della crescita economica, o nel migliore dei casi una crescita sostanzialmente nulla. Dopo la performance positiva del terzo trimestre, infatti, la crescita nell’Eurozona è rimasta sostanzialmente piatta, con la Francia che ha registrato una timida crescita (+0,1%) e la Germania che ha subito una contrazione più significativa di quella sperimentata in Italia (-0,4% in Germania e -0,1% in Italia). In modo simile a quanto registrato per l’Italia, il calo del quarto trimestre è principalmente legato ad un calo dei consumi delle famiglie, che nell’Eurozona hanno segnato un -0,9%, performance leggermente migliore in aggregato rispetto ai dati nelle principali economie (-1,1% in Francia, -1,0% in Germania e -1,6% in Italia). Un’analisi di più ampio respiro mostra, inoltre, come in generale i livelli di PIL dei paesi dell’Eurozona non siano ancora tornati sui valori pre-pandemia.
Se in riferimento al PIL si nota una direzione simile tra i paesi in analisi, risulta invece leggermente più diversificato l’andamento della produzione industriale, che per esempio a gennaio 2023 ha registrato in Francia un calo significativo dell’1,9% rispetto al mese precedente, contro una crescita media dell’Eurozona dello 0,7%. Significativamente migliore invece la situazione in Germania, con un aumento dell’1,8% rispetto a dicembre 2022. Risulta però importante sottolineare come, ampliando la prospettiva, la Germania e la Francia siano ancora significativamente sotto i livelli registrati prima della pandemia, diversamente da quanto registrato in Italia, in cui l’industria mostra una buona resilienza e dinamicità.