Tutte le banche gestiscono un sotto-segmento di clientela retail con un ammontare nullo o molto ridotto investito in attività e/o passività finanziarie. Si tratta di clienti che generano una quota contenuta di ricavi per la banca e, in parecchi casi, operatività costosa presso gli sportelli.
Questo segmento è da sempre un potenziale problema irrisolto – o un problema già attuale - e lo è diventato ancora di più negli ultimi anni. I motivi principali sono rappresentati dai tassi a zero, che hanno ridotto i ricavi, e dall’evoluzione tecnologica che rende oggi quasi impossibile per un individuo ricevere o effettuare pagamenti senza un conto corrente o un prodotto equivalente. La combinazione dei due fattori fa sì che prodotti come il conto corrente siano meno profittevoli di un tempo, ma siano sempre più necessari alle persone per partecipare alla vita attiva.
Per meglio inquadrare il problema dei clienti “senza masse”, che possono essere chiamati più propriamente “transazionali”, è necessario identificare la consistenza di tale clientela e il suo valore in termini di ricavi, i costi indotti e il valore prospettico.
In primo luogo, il banking è genericamente definito come il trasferimento di denaro nello spazio (bonifici, carte bancarie, ordini periodici di pagamento, ecc.) e nel tempo tramite forme di investimento o finanziamento. Secondo Banca d’Italia, circa 20 milioni di famiglie non detengono altri asset finanziari al di fuori del conto corrente. Di queste, 15 milioni detengono meno di 17 mila euro in asset finanziari, mentre 7,5 milioni ne hanno meno di 10 mila (2,5 milioni non dispongono di un conto corrente).
Per quanto riguarda gli impieghi, nel 2022 il 46% degli italiani maggiorenni (circa 22 milioni) risultava intestatario di una forma di finanziamento, ma la metà di questi ha per oggetto crediti finalizzati, che nella maggior parte dei casi non generano ricavi per la banca e non vengono originati dall’istituto. Un altro 15% ha un mutuo seconda casa che li esclude dal segmento lower mass. Questo ci porta a stimare – con un calcolo prudenziale – più di 9 milioni di cittadini con un conto con meno di 17mila euro o senza conto corrente, in ogni caso senza altri prestiti o investimenti.
Definita una proxy per il nostro segmento “transazionale”, la seconda questione è quanto possano valere questi clienti in termini di ricavi e di generazione di valore. Un cliente benchmark con uno o due conti e solo carta di debito, due utenze domiciliate e una decina di bonifici annui genererà ricavi complessivi difficilmente superiori a 2-300 euro. Valore che con i tassi degli anni passati sarebbe stato ancora più basso.
In base a questi numeri, i ricavi da banking tradizionale del nostro mass market possono essere stimati in 2-3 miliardi annui. Per quanto concerne i costi, la maggior parte delle spese operative della banca è fissa (e non marginale) e risulta quindi impossibile definire a quanto ammontano i costi imputabili specificamente ed esclusivamente a questo segmento. Possiamo procedere a delle stime con metodologie diverse, sapendo che un numero corretto non può esistere.
Se stimassimo i costi a partire dal cost/income, arriveremmo a circa 1,5 miliardi di euro di reddito pre-imposte. Utilizzando il costo medio per cliente retail (costi della struttura retail/numero di clienti) delle principali banche italiane, avremmo una perdita netta probabilmente superiore ai 5 miliardi di euro. Nessuno dei due numeri è corretto, perché sono tutti valori medi derivati da ripartizioni di costi relativi a strutture fisiche, informatiche e di persone. Un cliente in meno o in più non modifica i costi complessivi. Dovendo quindi trovare un punto di sintesi fra le due stime, siamo convinti che si arriverebbe a un valore negativo. Questo dimostra quanto sia poco profittevole se non antieconomica la gestione di questa fascia di clientela con i modelli di servizio attuali, che non garantiscono margini di ricavo adeguati alla remunerazione del capitale e del lavoro che le imprese private impiegano.
E’ palese che vi sia un’esigenza di accesso a un sistema di pagamenti sempre più digitalizzato. L’offerta è presente ma il mercato non è in equilibrio perché il modello di presenza territoriale delle banche che costituisce l’offerta attuale costa troppo ed esse stanno progressivamente rivedendo il loro modello anche a costo di rinunciare a questa fetta di mercato. Le banche vogliono razionalizzare le loro reti distributive con interventi in una scala sufficiente ad abilitare un riposizionamento della loro struttura dei costi. Spesso abbandonano i territori più periferici con la conseguente difficoltà per chi li abita di accedere al sistema bancario. Un nuovo equilibrio deve essere trovato mettendo in discussione i modelli operativi, i player, le consuetudini e le regole attuali.
Esistono già aziende che offrono servizi di pagamento digitali e in presenza totalmente al di fuori del mondo bancario, per quanto nessuna di esse abbia trovato ad oggi la ricetta capace di soddisfare con qualità i bisogni di questi clienti. Alcuni sono grandi operatori, ma le indagini, anche pubbliche, sul loro gradimento da parte dei clienti rivelano uno scenario abbastanza negativo, con giudizi spesso piuttosto bassi, che riguardano anche alcuni player bancari.
Tornando alle banche, dobbiamo considerare che i clienti senza masse, in molti casi in portafoglio da lungo tempo, possono avere un valore in chiave prospettica. Alcuni di questi conti possono appartenere a giovani, a persone che diventano piccoli imprenditori o a persone che ereditano, da cui la banca può estrarre valore ampliando la propria gamma prodotti o evolvendo il modello operativo, a un costo (o meglio a un rapporto costi / ricavi) ragionevole.
E’ interessante notare che molti dei clienti mass market che abbiamo descritto potrebbero già oggi essere profittevoli – e molti probabilmente lo sono già - se serviti nel modo giusto, con canali digitali e self, e se si considerano i costi solo ad essi imputabili. Però il ragionamento per singolo cliente non risolve il problema delle banche. Come abbiamo visto, i costi sono quasi sempre fissi o variabili solo a fronte di “cambiamenti di scala”, vale a dire solo se un modello di servizio raggiunge una portata tale da permettere la modifica della rete distributiva o del sistema informativo. Questo significa servire in un modo nuovo la maggior parte di quei milioni di clienti.
Per arrivare a questo, le banche devono fattorizzare l’evoluzione dei bisogni e del comportamento dei clienti nel medio periodo. Va indentificato un nuovo modello di presidio del territorio e, nel frattempo, è necessario lavorare per abilitare trasferimenti frictionless dei clienti su canali self e virtuali, investendo sulla loro formazione e facendo comprendere come il nuovo servizio possa soddisfare meglio i loro bisogni rispetto a quello in presenza.
Il ripensamento del modello operativo dovrebbe coprire anche aspetti trasversali alle singole banche, ad esempio aprendo nuovi punti di presenza territoriale dove compiere operazioni semplici, sfruttando volumi cross-banca per raggiungere la sostenibilità economica. In altri paesi gli ATM (automated teller machine, gli sportelli automatici) sono anche un business autonomo rispetto alle banche. I soldi si possono prelevare e depositare al supermercato. In Italia si vedono le prime evoluzioni normative in questo senso, con l’obiettivo di aumentare l’inclusione finanziaria nelle aree rurali. E’ auspicabile che l’apertura e la disponibilità al dialogo del regolatore verso una innovazione dei punti di presenza degli istituti finanziari e di accesso al sistema dei pagamenti continui e si intensifichi nel tempo.
Le banche potrebbero anche lavorare sui prezzi. Gli istituti di credito, infatti, vengono da una tradizione di segmentazione che non ha eguali in nessun’altra industria, hanno storicamente fornito ai clienti un servizio in funzione del loro patrimonio e non di quanto sono disposti a pagare. Questo perché i ricavi di un cliente sono largamente legati al suo stock finanziario piuttosto che alle modalità dei singoli atti di vendita. Questa consuetudine può essere messa in discussione, lavorando per meglio correlare il prezzo dei servizi bancari pagato dal cliente al suo costo effettivo per la banca, dando poi al cliente la possibilità di scegliere.
In questo senso, sarebbe auspicabile anche una maggiore flessibilità da parte del regolatore nel correlare il prezzo dei servizi all’effettivo costo legato alla modalità di erogazione, riducendo i vincoli attuali.
Un contributo determinante alla revisione del modello di gestione dei clienti senza masse può venire dall’innovazione, che può portare valore nei pagamenti nelle forme di maggiori garanzie e servizi accessori. Paypal è nato introducendo dei sistemi di garanzia nei pagamenti che hanno abilitato compravendite fra privati a distanza che non si possono concludere abbattendo l’ostacolo di mancanza di fiducia. In Italia, Satispay è una piattaforma di pagamento che permette di condurre azioni di marketing territoriale completamente innovative. Si può lavorare sui dati, in modo trasparente verso il cliente e in accordo alla Gdpr (General Data Protection Regulation, regolamento europeo sulla protezione dei dati), dando al cliente stesso la possibilità di monetizzarli, ad esempio a fronte di una riduzione del costo del servizio.
In sintesi, servono più mercato e più innovazione, dove mercato non vuol dire meno regolamentazione, ma rileggere le regole per adeguarle a un mondo che cambia, un mondo in cui la possibilità di effettuare un pagamento digitale più che un servizio diventerà un diritto di tutti, indispensabile per non essere esclusi dalla società.