L’innovazione tecnologica guida l’evoluzione della domanda di lavoro, tra aree di rischio e opportunità occupazionali
L’analisi delle aree di rischio e opportunità occupazionale collegate alle professioni analizzate evidenzia come il 61% della forza lavoro sia attualmente occupata in professioni per cui è attesa un’elevata domanda di lavoro a fronte di una scarsa quantità di forza lavoro, professioni che dunque presentano forti opportunità occupazionali. Al contrario, solamente il 12% della forza lavoro si compone di profili impiegati in professioni con un’elevata occupazione e una bassa crescita della domanda di lavoro attesa in futuro. Essendo i più esposti a rischi occupazionali, questi profili beneficerebbero in modo particolare dalla partecipazione a percorsi mirati di reskilling.
Tra i trend trasformativi che lo studio prende in considerazione, quello di maggior impatto sull’andamento della domanda di lavoro nel settore biotech è senza dubbio l’innovazione tecnologica. Il crescente ricorso all’automazione e a soluzioni basate sull’intelligenza artificiale – nella produzione di farmaci, nelle procedure di laboratorio, e nell’utilizzo di mezzi agricoli, solo per fare alcuni esempi – comporteranno una progressiva diminuzione della domanda per i segmenti della forza lavoro meno qualificati, dal momento che le mansioni meccaniche e a basso valore aggiunto sono anche quelle più facilmente automatizzabili attraverso il ricorso alla tecnologia. Al contrario, l’adozione sempre più diffusa di tecnologie innovative stimolerà un aumento della domanda per figure tech-savy, altamente qualificate e con competenze digitali, in grado supportare (o accelerare) il processo di transizione tecnologica già in corso nel settore.
Cambiano gli skillset, cresce il mismatch: difficoltà di reperimento per il 60% delle professioni in crescita
Per quanto riguarda l’evoluzione degli insiemi di competenze associati alle professioni biotech, l’analisi predittiva segnala una crescente complessità, con conseguenze significative. La prima riguarda l’evoluzione attesa delle competenze più importanti per i lavoratori del settore: non solo skills digitali, ma anche competenze manageriali, di pensiero critico e di comunicazione – quest’ultime particolarmente rilevanti in un periodo di rapida trasformazione e crescente incertezza. Anche le cosiddette “green skills” aumenteranno la propria importanza nello skillset caratterizzante il settore biotech. Al contrario, alcune competenze più convenzionali per il settore vedranno una riduzione del loro peso relativo, a segnalare il progressivo spostamento del biotech verso profili sempre più tecnologici e multidisciplinari. Si rileva dunque una crescente difficoltà di reperimento delle professioni, che coinvolge il 60% dei profili la cui domanda di lavoro viene prevista in crescita, mentre per il restante 40% tale difficoltà risulta stabile.
La seconda conseguenza riguarda il crescente disallineamento (mismatch) fra competenze possedute da coloro che escono dai percorsi di studio terziari (lauree, ITS e dottorati) e quelle richieste dai datori di lavoro per lo svolgimento della professione. Il modello prevede un mismatch in crescita per tutti i percorsi di studio entro il 2035. Ciò segnala una difficoltà strutturale del sistema di istruzione e formazione, a tutti i livelli, nell’allineare i curricula con i bisogni del mercato del lavoro.
In conclusione, le previsioni elaborate a partire dal modello predittivo sottolineano come per gli operatori del settore biotech sia quanto mai importante la definizione e l’implementazione di efficaci strategie di recruiting e retaining della forza lavoro, in particolare per quei profili la cui domanda crescerà in futuro ma per cui il bacino di forza lavoro reperibile è ancora relativamente ristretto. Altrettanto importante è l’upskilling e il reskilling delle risorse già occupate, anche attraverso una più stretta collaborazione tra aziende biotech e mondo dell’istruzione e della formazione, allo scopo di contrastare i fenomeni di mismatch e obsolescenza delle competenze.