2 Tempo di lettura 25 mar 2024
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M&A, crescita e creazione di valore

Da EY Italy

Multidisciplinary professional services organization

2 Tempo di lettura 25 mar 2024


Storicamente, gli imprenditori hanno preferito dialogare con altre aziende o gruppi industriali più grandi, convinti che tali investitori fossero maggiormente in grado di apprezzare un’acquisizione da un punto di vista strategico, apportando dunque valore industriale. Tuttavia, nel 2023 la penetrazione del private equity all’interno del mercato dell’m&a ha raggiunto il 40% in termini di numero delle operazioni e superato il 65% in termini di valore. Ma questo anche perché "si sta assistendo a un progressivo allargamento del concetto di private equity, nel senso che oggi almeno un terzo dei deal realizzati da financial sponsor è stato effettuato da operatori di private capital diversi dai classici fondi, alcuni dei quali operano con una logica di capitale paziente e offrono quindi alle aziende capitali sempre più adatti a supportare crescite di lungo termine con un approccio di creazione di valore nel tempo". Lo ha sottolineato Renato Salsa, Corporate Finance Leader, Strategy and Transactions di EY in Italia, in occasione della terza puntata di EY M&A Compass, l’approfondimento sul mercato m&a italiano sviluppato da EY insieme a BeBeez.

Domanda. L'approccio degli investitori di private equity agli investimenti in Italia sta cambiando?
Risposta. Assolutamente sì. In genere, gli investitori finanziari sono interessati alla creazione di valore attraverso quattro principali modalità operative: arbitraggio sui multipli, arbitraggio da leva finanziaria, aumento della performance aziendale oppure add-on.  L’attuale contesto di mercato, caratterizzato da multipli stabili o leggermente decrescenti e da un costo del debito più elevato di quello registrato in anni passati, riduce lo spazio di creazione di valore incentrato su arbitraggio sui multipli e deleverage e forza gli operatori di private equity a lavorare sempre di più sul portafoglio, in ottica di miglioramento delle performance aziendali e di buy-and-build, cioé di costruzione di poli di aggregazione industriali. Ecco dunque che, da un certo punto di vista, si riescono a realizzare operazioni ad elevato contenuto industriale non solo da parte di investitori strategici, ma sempre più spesso anche da parte di investitori finanziari. Che quindi in questo senso si avvicinano per filosofia di investimento agli investitori strategici, i quali per definizione valutano un’acquisizione prevalentemente con un occhio industriale, cercando di comprendere se e in che termini una determinata azienda possa essere coerente con le proprie strategie industriali e qual è l’effettiva probabilità di riuscire a estrarre sinergie di costo e/o di ricavo da una successiva integrazione operativa.

D. Ma a questo punto può essere indifferente per un imprenditore scegliere come investitore uno strategico piuttosto che un fondo, se il fondo agisce in ottica sempre più industriale?
R. Nelle scelte di apertura del capitale delle imprese non esiste un investitore ottimo in assoluto, ma un certo investitore può essere più o meno “giusto” a seconda delle caratteristiche dell’azienda, dell’obiettivo dell’imprenditore e/o delle necessità di affiancamento in operazioni di crescita e sviluppo (passaggi generazionali, managerializzazione, internazionalizzazione, corporate governance, ottimizzazione dei processi, cross selling, etc.). Le motivazioni che spingono un imprenditore a valutare di aprire il capitale della propria azienda possono essere le più diverse. Si tratta di una scelta non facile, di carattere straordinario, che coinvolge equilibri familiari, personali ed economici. In definitiva, per decidere quale sia la tipologia di investitore preferibile bisogna prestare attenzione, oltre che agli obiettivi dell’imprenditore, anche alla natura e alle specificità dell’investitore, principalmente in termini di strategia di investimento e, soprattutto, bisogna accertarsi che vi sia un pieno e profondo allineamento degli interessi tra le parti. E questo dovrebbe essere il principale obiettivo di un advisor di m&a.

D. La scelta può essere influenzata anche dal tipo di flessibilità che l'acquirente può avere nella strutturazione del deal?
R. Anche. A vantaggio degli operatori di private capital c'è il fatto che oggi un'operazione può prevedere un panorama molto ampio di soluzioni. Si possono immaginare operazioni di minoranza o di maggioranza sino all'acquisizione integrale, con diverse strutture del deal (LBO o aumenti di capitale) e dei pagamenti (con forme di pagamento differito, che prevedono un cosiddetto earn-out) e in relazione a diversi livelli della struttura del capitale, quindi si possono immaginare operazioni di puro equity, oppure di capitale ibrido, di debito mezzanino e così via. Ovviamente molti investitori sono specializzati in una o più modalità di investimento, tuttavia è possibile affermare che l’offerta aggregata degli operatori di private equity/private capital offre nel complesso molta flessibilità di manovra.

D. Quali sono le necessità delle aziende italiane a conduzione familiare? Perché cercano investitori?
R. Il capitalismo familiare italiano è un comparto solido, con aziende di qualità in grado di raggiungere livelli di performance spesso migliori di quelle espresse da altri competitor europei. Allo stesso tempo presenta tuttavia alcune fragilità endemiche, tra cui: diffusa necessità di passaggi generazionali; corporate governance chiusa, con uno strutturale minore ricorso a manager esterni da parte delle famiglie imprenditoriali italiane rispetto a quelle estere; dimensioni medie ridotte, sottocapitalizzazione ed elevata dipendenza dal sistema bancario. Non solo. Queste aziende devono restare competitive a livello internazionale e quindi devono saper rispondere in modo efficace a cambiamenti epocali di mercato, quali le tensioni geopolitiche, la riconversione ecologica, la trasformazione digitale, l’adozione dell’intelligenza artificiale, la riconversione di molti processi produttivi, la rivisitazione del procurement, la reingegnerizzazione di vari prodotti in chiave di maggiore sostenibilità. Tali fenomeni spingono sempre più frequentemente le aziende a ricorrere al mercato del m&a. E per farlo spesso cercano un compagno di viaggio, con il private equity che sempre più spesso si sta rivelando essere un’alternativa realmente competitiva rispetto a molti acquirenti industriali.
 

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Da EY Italy

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M&A, una leva strategia per la crescita e la creazione di valore